Preside di una scuola media di Bijeljina, in Bosnia-Erzegovina, Lazar Manojlovic si è adoperato, durante il terribile periodo della pulizia etnica negli anni Novanta, per aiutare coloro che venivano perseguitate dai “banditi” di Radovan, lo psichiatra e leader dei serbo-bosniaci incriminato dal Tribunale Penale Internazione dell’Aia per genocidio e crimini contro l’umanità.
I nazionalisti serbi pretendevano, infatti, che Manojlovic facesse frequentare la scuola solamente ai ragazzi di etnia serba.
A queste loro richieste, davanti alle telecamere di una televisione straniera, il coraggioso preside aveva risposto che dentro la scuola esistono solo due “nazionalità”: quella degli studenti e quella degli insegnanti. Di fronte al suo rifiuto e alla sua ostinazione nel difendere i propri studenti non serbi e i loro genitori, i criminali di Radovan iniziarono a minacciarlo ingiungendogli di allontanare dalla scuola tutti gli impiegati e gli insegnanti non serbi.
Manojlovic non si lasciò intimidire e continuò a resistere “facendo finta di non sentire” e ignorando ordini e minacce: “Pretendevano una sola scuola serba per i soli ragazzi serbi. Cercavo di oppormi a loro con tutti i mezzi che avevo: con l’etica, con l’intelligenza, con la ragione. Raccoglievo tutto il mio coraggio per convincere queste canaglie che sotto la mia direzione non ci sarebbe mai stata una scuola serba, musulmana o croata. Perché altrimenti non sarebbe stata più una scuola, ma un centro nazionalista e sciovinista per i giovani”.
Con molta difficoltà e grazie all’aiuto di amici, Lazar è anche riuscito a liberare alcuni musulmani rinchiusi nel campo di concentramento di Batkovi.
Questo gesto gli è costato la fine della carriera come preside della scuola, da cui è stato cacciato dopo aver ricevuto minacce di morte da due uomini armati, un insegnante e un bidello della scuola arruolatisi come guardie presso il campo di concentramento: “L’insegnante ha preso il mio posto e dopo dieci anni è ancora lì. La sua esperienza come guardiano di un campo di concentramento è l’unica referenza professionale che può usare per amministrare la scuola. Ho pagato a caro prezzo il mio coraggio civile e la mia disobbedienza. Sono rimasto senza lavoro e senza stipendio, scomunicato dalla chiesa, disprezzato e ripudiato dal potere. Il prezzo che ho pagato per la mia disobbedienza è piccolo se paragonato al fatto che ho salvato la mia coscienza, che non mi sono piegato a nessuno, che sono rimasto corretto e orgoglioso, anche se completamente solo.
Sono andato comunque avanti, perché vivere vuol dire combattere”.
Dopo aver superato un momento di forte crisi, Manojlovic ha continuato a lottare con la penna, da giornalista libero, rispondendo solo a se stesso e alla propria coscienza.
Traduzione di Ognjen Tomic.
Tratto dal libro di Svetlana Broz Having What it Takes.
La città di Padova gli ha dedicato un albero nel Giardino dei Giusti del Mondo, inaugurato ad ottobre 2008, per lo straordinario coraggio civile dimostrato in un periodo in cui la vita di una persona nulla valeva.