Arrigo Petacco, A Mosca solo andata, Mondadori, 2013
Negli anni delle «purghe» staliniane molti giovani comunisti italiani (l’età media era di 20-25 anni), accorsi in Unione Sovietica per contribuire all’edificazione del primo Stato socialista, finirono stritolati in quella orrenda «macchina di morte» e sparirono nell’inferno dei gulag. Il Pci, finché è esistito, non ha mai preso una posizione ufficiale nei confronti di queste vittime innocenti, dimostrando, quanto meno, una colpevole indifferenza.? Petacco ricostruisce la storia dell’«emigrazione politica» dei comunisti italiani riparati in Unione Sovietica dopo l’avvento del fascismo: attraverso grandi e piccole vicende umane, tratteggia l’atmosfera irrespirabile del Club degli emigrati di Mosca. Descrive il clima ambiguo e inquietante del Lux, l’albergo dove alloggiavano i compagni «dirigenti». E, non ultimo, racconta la misera sorte di tanti bambini – i «figli del partito» – rimasti senza genitori e spediti negli istituti organizzati dal Comintern per forgiare gli «uomini nuovi». A Mosca, solo andata ricostruisce, in tutta la loro drammaticità, le vicende di questi giovani illusi, cercando di gettare nuova luce su una storia di cui si è cercato di cancellare il ricordo.