Jovan_DivjakJovan Divjak è di origine serba, ha vissuto prima a Belgrado e poi a Sarajevo come militare di carriera, raggiungendo il grado di colonnello prima del conflitto serbo-bosniaco seguito al crollo del regime comunista nell’ex Iugoslavia.
Ha combattuto a fianco dei bosniaci per difendere Sarajevo quando i serbi hanno attaccato la città, ma si è subito schierato a difesa dei diritti dei serbi rimasti, contro ogni tentativo di discriminazione nei loro confronti.
E’ sempre andato controcorrente, avendo come unico criterio di azione la difesa dei perseguitati e la lotta contro ogni tipo di oppressione, da qualsiasi parte provenga, senza distinzioni di etnie, di credo religioso o politico.
Per questo è stato emarginato all’interno dello stesso esercito bosniaco con il quale si era schierato e nel quale aveva raggiunto il grado di generale.
Posto in pensione senza neppure essere consultato, non ha rinunciato alle sue battaglie, spostandole nella società civile.
La sua Fondazione a favore dei bambini orfani di Sarajevo e vittime della guerra etnica, protegge senza distinzione di identità tutti i ragazzi che hanno bisogno di aiuto.
Tutta la sua vita è segnata da questo impegno di coscienza, di stare dalla parte delle vittime, di capirne le ragioni, di opporsi agli aggressori, di difendere il bene contro il male, qualsiasi sia il suo volto e il suo nome.
Nato a Belgrado nel 1937, intraprende la carriera militare nell’esercito nazionale jugoslavo, diplomandosi all’Accademia Militare e al Collegio di Guerra.
E’ stato comandante della Difesa Territoriale a Sarajevo e a Mostar raggiungendo il grado di colonnello prima dello scoppio della guerra in Bosnia-Erzegovina.
Nel 1992 un tribunale militare dell’esercito nazionale jugoslavo lo condanna per aver permesso agli uomini della Difesa Territoriale di Kiseljak di prelevare le munizioni da un deposito custodito dall’esercito nazionale.
Evita la prigione perché nel frattempo scoppia la guerra. Divjak si schiera con la Difesa Territoriale di Sarajevo, lasciando l’esercito jugoslavo il 6 aprile 1992.
Entra a far parte del Gabinetto Militare, un Consiglio di 12 membri presieduto dal Presidente della Bosnia-Erzegovina Alija Izetbegovic.
Nel dicembre 1992 viene nuovamente arrestato con l’accusa di tradimento, spionaggio a favore dei serbi (suoi vecchi compagni militari), di corruzione e di traffico d’armi. Non ci sono prove contro di lui.
Dopo 27 giorni viene liberato e può ritornare a Sarajevo, dove diventa protagonista della difesa della città contro gli attacchi delle milizie serbe.
Viene nominato Generale e partecipa ai negoziati con i serbi e con l’ONU per togliere l’assedio a Sarajevo e si batte, contemporaneamente, per i diritti civili della popolazione serba rimasta a Sarajevo e soprattutto per aiutare e proteggere i bambini di tutte le etnie rimasti orfani o invalidi.
La sua fama si allarga, è molto amato nell’esercito e dalla popolazione civile, che lo considera un eroe.
Nel 1997 è posto in pensione senza preavviso e da quel momento tutte le sue energie sono concentrate nel sostenere la fondazione che si occupa di proteggere e dare un’istruzione ai bambini vittime della guerra.
Nell’estate del 2001 è stato ricevuto all’Eliseo dal presidente francese Chirac, che gli ha conferito la Legion d’Onore.

 

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